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Tortoreto (Te). Cappella della Misericordia

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Cappella della Misericordia
Addentrandosi nel dedalo rassicurante dei vicoli del borgo antico di Tortoreto Alto, nato dalla fusione delle antiche Terranova e Terravecchia, è anche possibile non accorgersi della presenza della Cappella della Misericordia, che si integra perfettamente nell’omogeneità del panorama tipico delle viuzze di questo borgo fatto di case di mattoni. La chiesa infatti, presenta all’esterno, un aspetto molto semplice, con le pareti scarne e squadrate. L’interno è altrettanto austero, formato da un’unica sala divisa, architettonicamente parlando, in due campate con il soffitto dalle volte a crociera, e termina in fondo con un piccolo ambiente chiuso da un abside. Si tratterebbe in definitiva di uno spazio quasi anonimo se le pareti non fossero interamente decorate da un prezioso ciclo di affreschi che racconta episodi della Passione di Cristo.
Esterno
La costruzione della cappella risale, sulla base della struttura architettonico dal carattere rinascimentale, ai primi del XVI secolo, e deve il suo nome al probabile ringraziamento alla Madonna per la liberazione da una pestilenza che colpì la regione nel 1527. Per il suo carattere assistenziale fece anche in seguito da supporto ad un piccolo ospedale, che doveva esistere ancora agli inizi dell’Ottocento come viene ricordato dallo storico teramano Nicola Palma.
Interno e pitture

Il canovaccio narrativo degli affreschi si articola in tre grandi momenti: sulle pareti laterali e in quella sopra l’ingresso si trovano le storie della Passione, con le scene dell’Orazione di Gesù nell’orto dei Getzemani, della Cattura di Cristo, di Gesù davanti a Caifa, della Flagellazione, dell’Incoronazione di spine, del Cristo mostrato al popolo e dell’Andata al Calvario. Nella parete di fondo, dove si trova l’abside, è dipinta la successione dei momenti della messa in Croce di Cristo, con l’Inchiodatura, la Messa in Croce e la Deposizione. Sulla volta, infine, troneggia la Risurrezione con i Quattro Evangelisti e una Sibilla.
Completano il ciclo alcune raffigurazioni di Santi collegati tradizionalmente alle pestilenze: un San Giobbe, una Santa Caterina d’Alessandria e un San Rocco, una Madonna della Misericordia tra San Rocco e Sant’Antonio di Padova. Interessante la raffigurazione di una città sullo sfondo dell’episodio centrale, perché potrebbe essere la stessa Tortoreto all’epoca, anche se magari riletta nella trasfigurazione dell’immaginazione di una ideale Gerusalemme.

Nel 1888 i primi studi attribuirono gli affreschi ad un non ben precisato “Martino” Confini; questa teoria venne ripresa da tutti, senza un esame critico, sino al 1972, condizionandone per una serie di motivi la datazione che è stata collocata addirittura nel XVII secolo. Come rivela invece la corretta lettura della scritta che corre sotto il doppio episodio sulla parete sopra l’ingresso, l’intero ciclo di pitture fu terminato il 26 settembre del 1526 da “Giacomo Confini”, un artista marchigiano nativo di Patrignone: [Jacobu]s bonfinis de patrignono [pinxit anno Domini MD] XXVI die vero XVI mensis septembris, così recita infatti la scritta.
Ma chi era questo artista? La sua arte sembra influenzata per un verso dai rapporti con Cola dell’Amatrice e, suo tramite, con il cantiere di Raffaello alle Stanze Vaticane, per l’altro dall’ambiente locale della provincia marchigiana in particolare da Giovanni da Monterubbiano. I rapporti col figlio di questi, il più noto Vincenzo Pagani, sono invece controversi, ed in proposito alcuni studiosi hanno attribuito a Pagani le due edicole votive della Misericordia dubitando addirittura della paternità del Bonfini (e persino della sua stessa “identità” artistica, intendendolo come il committente degli affreschi e non già come l’autore) per il resto del ciclo di Tortoreto. Lo storico dell’arte Ferdinando Bologna, uno dei maggiori studiosi italiani, ha invece recentemente ribadito con forza un’attribuzione univoca a Bonfini dell’intero ciclo della Misericordia. Molto interessanti i rapporti di questo artista con Cola dell’Amatrice, al punto che alcuni studiosi hanno ipotizzato che egli fosse un suo allievo.
Galleria fotografica
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Altri monumenti di Tortoreto Alto
Nel borgo di Tortoreto Alto si trovano altre due chiese di un certo interesse. Quella barocca del 1645 dedicata a Sant’Agostino, conserva all’interno alcuni splendidi altari in legno, un organo, opera dell’artigiano ascolano Vincenzo Paci e una statua in terracotta del XVI secolo rappresentante la Vergine che adora il Bambino, detta “della consolazione”. La chiesa di San Nicola di Bari, pur se di antiche origini, è stata completamente ristrutturata all’interno ma conserva un importante organo dello stesso Paci, del 1842, recentemente restaurato. La piazzetta centrale è dominata da una torre rinascimentale della Misericordia e lungo il perimetro esterno del borgo, verso nord, si trovano ampi resti delle antiche fortificazioni difensive tra cui una torre cilindrica. Lungo la strada che scende verso il Lido, poco prima del semaforo che incrocia la statale 16, si trovano, ben evidenti, i resti musealizzati di una domus romana nota come Le Muracche, dalla quale gli scavi hanno portato alla luce le statue in terracotta che decoravano un ninfeo, oggi esposte nel Museo Civico Archeologico di Teramo. Tra esse ci sono due pezzi davvero eccezionali che raffigurano momenti del mito di Ulisse e Polifemo.

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