Pietanza antica della mensa dei pastori d’Abruzzo, che trova nell’agro di Arsita il suo sito ideale. Le origini sono antichissime e certamente esso era conosciuto anche ai latini, da cui, presumibilmente, deriva il nome. Il significato gastronomico di “coactus” del verbo “cogere” sta a significare appunto carne cotta, addensata, ristretta. Altri spiegano il significato del nome della vendita obbligata degli animali accidentalmente uccisi, e di qui la vendita “coatta” annunziata al popolo dal banditore, su decisione dell’autorità comunale, a basso costo. Il coatto esalta la cucina tradizionale dei pastori, con la sua eterna filosofia di saggezza rude lavoro e semplicità. Nel coatto infatti si amalgamano sapori e profumi di un tempo lontano, quasi nostalgico. Completano questa autentica squisitezza l’armonia delle erbe selvatiche e gli odori che concorrono alla realizzazione della pietanza, che pur nella sua agreste semplicità, si rivela un piatto particolare e unico. Il mese di agosto è quello ideale per assaporare la genuinità della carne di pecora, quando ad Arsita si svolge la “sagra del coatto”.
Dopo aver ben sgrassato la carne, tagliarla a pezzetti e metterla a cuocere in un tegame con l’aggiunta di poca acqua e portarla ad ebollizione per quindici minuti. Togliere dal fuoco, sgocciolare la carne e lavarla con acqua fredda. Preparare un tegame, possibilmente di coccio con il coperchio e mettervi la carne e tutti gli ingredienti segnati in ricetta compreso il pomodoro ad eccezione del vino e ricoprire il tutto con abbondante acqua e mettere a bollire a fuoco moderato per 3-4 ore con il recipiente con coperchio. Girare ogni tanto con il mestolo di legno, a metà cottura aggiungere il vino. Se l’acqua tende a diminuire aggiungerne poco per volta, sempre calda, e continuare la cottura, quando il tutto si sarà ristretto, “coatto”, e la carne sarà diventata tenera e insaporita da tutti gli odori, servire ben caldo in tavola.
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