Campli (Te). Museo archeologico nazionale

Il Museo Archeologico Nazionale di Campli: straordinaria esposizione dei reperti della necropoli italica di Campovalano. Il patrimonio artistico e culturale in Abruzzo viene definito interessante dagli studiosi soprattutto perché esso conserva ancora le impronte di un mondo molto più antico di quanto ci è concesso pensare nella quotidianità: conserviamo nella nostra mente nozioni di un Abruzzo che inizia il suo percorso dalla remota età protostorica fino al periodo databile tra il VII ed il III secolo a.C. che ci ha rilevato pezzi o meglio “reperti archeologici”, non soltanto interessanti da osservare ma anche importanti per tentare di operare una ricostruzione di quella che è stata la storia della nostra regione. Si passa poi ad osservare anche le importanti costruzioni romane, risalenti per lo più al periodo imperiale, ma anche agli eleganti esempi di arte gotica e romanica fino a giungere al Rinascimento ed al Barocco. Molto spesso l’occhio del visitatore si ferma ad osservare solo quelle strutture davvero evidenti o facili da trovare, ma è meglio non dimenticare, per godere a pieno della sua bellezza, che l’Abruzzo è una sorta di piccolo scrigno che racchiude in sé tanti oggetti preziosi , e quindi dev’essere “aperto” per essere davvero conosciuto: basti pensare per esempio ad alcuni degli eremi più belli che possono essere visti solo dopo ore ed ore di faticose passeggiate all’interno di una montagna selvaggia fatta di una vegetazione talmente fitta che a volte copre anche la visuale durante il cammino . Non messa sempre in evidenza ma sicuramente molto significativa è sicuramente la “Necropoli di Campovalano” , i cui reperti archeologici alimentano il Museo di Campli che raccoglie appunto reperti provenienti da questa necropoli italica che addirittura viene fatta risalire all’età del ferro. Campovalano è una piccola frazione del paese di Campli, ricchissima di tradizioni popolari soprattutto perché vengono continuamente curate di generazione in generazione e dunque non vengono mai perse. Sono molti gli aspetti che rendono famoso questo luogo ricco di folklore come per esempio la chiesa di San Pietro che è risalente al X secolo colma di affreschi di varia epoca e di statue in legno che la rendono visitabile quasi fosse un piccolo museo anch’esso; ma il primo passo verso la celebrità fu compiuto nel 1967 quando dagli scavi emersero elementi che iniziarono a porre le basi per una vera e propria ricerca in questa zona legata ad una delle maggiori necropoli Picene , stimata soprattutto per la sua origine arcaica , nella quale fino ad oggi sono state scavate circa 600 tombe, ma si pensa che ce ne possano essere più 2500. Sono stati proprio gli scavi e gli studi effettuati “in loco” a dare spazio ad una efficiente ricostruzione della storia di questo sito e per lo più il materiale che è stato rinvenuto qui può essere osservato in parte all’interno del “Museo Archeologico Nazionale di Campli”, in parte al “Museo Archeologico Nazionale di Chieti”. Attualmente sul sito archeologico è possibile vedere i resti dell’arteria stradale principale che ha un larghezza di 4 metri e questa strada attraversa l’intera pianura intorno spingendosi lungo la direttrice nord- sud : proprio lungo i lati di questa strada sono visibili le tombe già scavate e che sono assolutamente visitabili anche se in realtà , ciò che è interessante da vedere si trova nel museo. Cos’ è stato , in passato , che ha convinto l’uomo a scegliere questo posto ? di sicuro gli studiosi sono concordi nell’affermare che la prima convinzione sia dovuta alla clemenza del clima , ottimale per la coltivazione, ma influenzato sia dalla vicinanza del mare che dalla presenza delle montagne che in un certo senso rappresentavano anche un’ottimale forma di difesa contro gli attacchi ; ovviamente però non mancavano anche quegli elementi che sono stati indispensabili perché l’uomo potesse mettere in moto la sua “macchina produttrice”e tra questi elementi oltre al clima c’è l’acqua di montagna , un terreno coltivabile , l’elevata presenza di frutti selvatici e non . Diciamo pure che l’uomo in questa zona trovava tutto il necessario per vivere e produrre. La piana di Campovalano, s’è creata in seguito a sabbie, ciottoli, argille che sono frutto di depositi alluvionali ed hanno reso la zona anche eterogenea dunque non sempre facile da studiare. Certo che questo tipo di terreno, inizialmente poteva essere utilizzato poco per l’agricoltura , e molto di più per la caccia , lo testimoniano anche quelle armi del paleolitico , e quegli strumenti che sono stati rinvenuti in questa zona anche se non tutti sono d’accordo sul fatto che siano oggetti utilizzati in questo luogo, secondo alcuni , sono potrebbero essere stati trascinati li come depositi alluvionali anch’essi e quindi provengono da zone circostanti. È durante il periodo definito “pleistocene”che la zona subisce una particolare trasformazione. Si parla di circa 120.000 anni fa : in questa fase l’ estensione delle alluvioni nella piana di Campovalano appunto, viene alterata durante l’avvento di una strana forma di calore , e dunque ciò ha modificato anche l’assetto territoriale e la sua morfologia, tant’è che anche le tombe sono state rinvenute in profondità standard ma variabili , come variabili però sono anche le pietre utilizzate nei circoli e nelle coperture di questi tumuli che dovevano accogliere i defunti. È nell’età del bronzo che le zone di Campovalano diventano ottimali per l’attività agricola e pastorale e dunque gli uomini decidono di stabilirsi qui per fondare le loro comunità e rendere dunque i loro insediamenti stabili; di certo con la nascita della concezione dello “stare insieme”, nel dare spazio a forme di civiltà, s’inizia anche a capire l’importanza del rispetto dell’uomo sia vivo che morto e dunque s’inizia a porre le basi per rituali che uniscono gli esseri viventi ma che aiutano anche a non perder i contatti con chi non è più in vita, e questo ha aiutato particolarmente a fortificare l’interesse per “la città dei morti” che solo il vivo può creare appunto, ed è come se l’uomo avesse voluto determinare la convivenza con i propri cari defunti , infatti non ci sono linee di demarcazione evidenti tra queste due realtà. Tra i numerosi reperti presenti all’interno del Museo di Campli ci sono soprattutto ornamenti funerari , d’altra partesi tratta di quegli elementi che sono stati maggiormente riscontrati sul sito e trattandosi di una “necropoli” non poteva essere altrimenti; il museo è organizzato in modo tale da non permettere che il visitatore faccia autonomamente una ricostruzione ipotetica di come poteva avvenire il rituale ma ci sono dei video che mostrano in che modo gli oggetti esposti venivano utilizzati durante i rituali , è anche vero però che non sempre una visita in questo museo lasci il “curioso” immune da dubbi, soprattutto perché alcuni ricostruzioni possono non essere capite fino in fondo. Anche le visite guidate all’interno degli ambienti espositivi accompagnano chi è interessato in un percorso in cui l’archeologia sposa perfettamente la storia , e questo matrimonio è sponsorizzato da rituali , ma anche dalla vita quotidiana le cui testimonianze sono state utili all’organizzazione della mostra museale. Le prime tracce di vita nella piana di Campovalano sono esposte nella prima sala del museo: non mancano utensili e strumenti in bronzo , ma anche vasi particolari definiti bollitori e colini che venivano utilizzati durante la lavorazione del latte e la produzione di ricotte e formaggi che in un certo senso era uno degli alimenti quotidiani. Dal X secolo in poi , Campovalano, sembra però perdere tracce di insediamenti di esseri viventi , e questo aspetto è ampliamente sottolineato nel percorso museale , e sembra diventare semplicemente necropoli; sono proprio le tombe risalenti a questo periodo ad essere le più antiche e presentano addirittura un corredo molto ridotto , infatti in genere il corredo della donna era rappresentato da una fibula e quello dell’uomo era rappresentato da un rasoio che veniva posizionato sul suo petto. In un certo senso il corredo funebre evidenzia una certa uguaglianza dello “status” sociale anche del vivo, fu poi l’ingresso di nuovi popoli come per esempio i Greci a generare disuguaglianze ed in questo momento non cambiano soltanto i corredi funebri ma cambiano anche le strutture delle tombe. In particolare venivano utilizzate le tombe a tumulo che a loro volta potevano essere diversamente organizzate in tombe a tumulo “occidentale” o “orientale”. Caratteristiche delle tombe maschili sono soprattutto le armi che hanno dato modo di comprendere anche l’evolversi del modo di combattere. La donna invece , nella sua tomba evidenzia soprattutto la presenza di oggetti sartoriali : non mancano aghi, rocchetti, fusi , ma significativo è soprattutto il cinturone in cuoio e bronzo con cui le veniva cinta la vita. Ben evidenziato nel museo è soprattutto il cambiamento che ha subito la tomba , infatti nella metà del V secolo a.C. scompaiono le tombe a tumulo ed i corredi , forse questo a causa delle leggi contro il lusso che vennero emanate e dunque con il cambio dell’organizzazione sociale , si modifica anche il suo generale assetto urbano, infatti da questo momento anche il modo di seppellire i morti cambia. I corredi funebri, di conseguenza, tornano ad essere molto scarni , non più ricchi di oggetti personali o militari , ma fatti di pochi elementi come per esempio vasi verniciati e fatti al tornio ed in particolare quello più utilizzato era di sicuro il cratere ; alcune donne poi, presentavano orecchini o un anello in bronzo o in argento , mentre per l’uomo non mancavano oggetti legati alla toelettatura quotidiana, come forbici , lime per unghia. L’arma invece nella tomba del maschio non è più ovvia, perché in un certo senso la guerra diventa un mestiere e dunque non tutti in vita possedevano delle armi con cui combattere ; certo è che chi ne possedeva aveva per lo più lance per le quali i popoli italici sono assai famosi; questa caratteristica è nota soprattutto attraverso le fonti greche e romane.

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