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Rosciolo (Aq). Chiesa di Santa Maria in Valle Polcraneta

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Santa Maria in Valle Polcraneta
Nei pressi di Rosciolo, piccolo borgo di origini medievali ai piedi del monte Velino, affacciato sulla valle che, superato Magliano dei Marsi, sfocia nella piana del Fucino, si trova uno dei gioielli dell’architettura romanica della nostra regione, la chiesa di Santa Maria in Valle Polcraneta.
Esterno
Oltre che dalla meraviglia della sua architettura, la suggestione della chiesa nasce in gran parte dalla sua posizione, isolata nella natura ed oggi protetta dal Parco Regionale Sirente-Velino, dai tesori di scultura che conserva, dal misterioso autore del suo ambone, ma anche dal suo particolare nome. Le spiegazioni della parola porclaneta con cui è denominata la chiesa sono infatti varie: per taluni deriva dall’ebraico antico con il significato di “baratro”, per altri verrebbe invece dal greco poru clanidos, ovvero “dal manto di tufo”, per altri ancora è da mettere in relazione con il culto locale di Porcifer (o Purcefer) una divinità pagana alla quale era dedicato un tempio. Il realtà il luogo è conosciuto anche col toponimo antico di Vale Merculana.
Se la costruzione di una prima antica chiesa può essere ipotizzata tra il V e il VI secolo sulle rovine di un tempio pagano, la prima data certa che testimoni senza ombra di dubbio l’esistenza di Santa Maria è il 1048, allorché il conte dei Marsi Berardo, dona il castello di Rosciolo e le sue pertinenze al monastero di Santa Maria; segue un’ulteriore donazione di Berardo del 1084, in cui il monastero viene inserito nei possedimenti dell’Abbazia benedettina di Montecassino. Il progetto originario della chiesa prevedeva un interno diviso in tre navate per ripetere, seppure ad una scala ridotta, lo schema di San Liberatore a Majella (la presenza qui a Rosciolo delle maestranze di San Liberatore si nota anche nei particolari scolpiti su alcuni capitelli). La decorazione esterna delle absidi risulta successiva, aggiunta probabilmente nella prima metà del Duecento come avvenuto con interventi simili, ad esempio nella basilica valvense di San Pelino a Corfinio.
Interno: ambone, iconostasi e ciborio
Lo spazio interno è diviso, per la sua lunghezza, in due aree pressoché quadrate, una verso la porta di ingresso e una verso l’abside, dove si trova l’altare. Esse sono separate da transenne in pietra su cui poggiano quattro esili colonnine che reggono un elemento architettonico tipico delle chiese medievali, l’iconostasi. In questo caso è realizzata in legno ed è rarissimo che si sia conservata sino ai nostri giorni. Esiste in Abruzzo un solo altro esempio, nella vicina San Pietro in Albe, ma è in pietra. L’iconostasi era decorata con varie immagini sacre (dette appunto icone) e segnava la separazione tra lo spazio a cui erano ammessi i fedeli e quello riservato ai religiosi. Le due lastre in pietra sulle quali poggia sono dette plutei e hanno decorazioni a bassorilievo di vario genere, tra cui si riconoscono il leone, il grifo, l’aquila, il drago e i cigni.

Interno
Addossato ai pilastri quadrangolari della navata centrale, si riconosce un altro elemento importante dell’arredo: l’ambone. Questo fu realizzato nel 1150 da Nicodemo e da Roberto, due misteriosi maestri che in quegli anni girano le contrade abruzzesi realizzando questi straordinari pulpiti in varie chiese della regione. Quest’ambone serve da spunto per quello, più famoso, di Santa Maria del Lago a Moscufo, realizzato dal solo Nicodemo nel 1159. Sull’altare si trova una sorta di baldacchino detto ciborio e realizzato qualche anno prima dagli stessi maestri. Nicodemo abbandonerà progressivamente questo modello, optando per una soluzione stilisticamente semplificata usata nell’ultimo ambone realizzato in Abruzzo, quello del 1166 per la chiesa di Santo Stefano a Cugnoli. Il ciborio di Santa Maria viene poi replicato da Nicodemo e Roberto a San Clemente al Vomano.

Ambone
Interessante il monumento funerario che si trova vicino all’ingresso; dall’iscrizione assai consumata che si trova incisa sulla lastra di pietra si deduce l’autore dell’opera, un certo Nicolò che lì fu sepolto, e che va riconosciuto come l’artefice principale della costruzione della chiesa. Il delicato bassorilievo reca il simbolo dell’Agnus Dei, l’agnello di Dio, tra due angeli che sorreggono un cero. Del tesoro della chiesa facevano parte numerose opere d’arte come una scultura a bassorilievo della Madonna col Bambino in trono, la statuetta lignea del Salvatore e la Croce processionale in lamina d’argento e smalti, ma sono oggi nei musei di Celano e dell’Aquila.
Lungo le pareti e sui pilastri sono visibili numerosi affreschi, anche se non di eccelsa qualità, per lo più databili al XIV e al XV secolo, tranne una Crocifissione e santi del XIII secolo. I temi ricorrenti sono quelli della Madonna delle Grazie, Santa Lucia e San Michele Arcangelo. Fa tuttavia eccezione allo stile popolare di queste pitture la pregevole lunetta quattrocentesca che si trova sopra al portale d’ingresso e che mostra la Vergine e il Bambino tra due angeli.
Galleria fotografica
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Nei dintorni
Chi volesse proseguire questo viaggio alla scoperta dell’arte sacra marsicana può visitare la chiesa di Santa Maria delle Grazie nel borgo di Rosciolo, oppure spostarsi di qualche Km per raggiungere Magliano dei Marsi dove si trova la chiesa medievale di Santa Lucia, costruita nel XIII secolo ma restaurata dopo il terremoto del 1915 che la danneggiò gravemente. Ha tre portali in stile borgognone, un rosone di tipo gotico-abruzzese della fine del ‘300 o inizi ‘400 e un campanile progettato da Tommaso Lorenzo. Per finire, nella vicina Celano si può visitare il Museo dell’Arte Sacra della Marsica allestito nel castello Piccolomini.

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